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Categorie Antiproibizionismo

Tempo di lettura 3 minuti

CBD per uso orale, il Tar del Lazio sospende il decreto

Il Tar del Lazio blocca il decreto del governo Meloni, in vigore dal 22 settembre scorso che vieta la vendita dei prodotti per uso orale a base di cannabidiolo estratti dalla cannabis, equiparandoli a sostanze stupefacenti.

Il provvedimento – ora sospeso fino alla camera di consiglio del 24 ottobre – inseriva «le composizioni per uso orale a base di cannabidiolo estratti dalla cannabis nella tabella dei medicinali sezione B del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, stabilendo che potevano essere acquistati solo in farmacia con ricetta».

A darne notizia in una nota è l’Associazione Ici – Imprenditori Canapa Italia che lo scorso 3 ottobre, assistita dallo studio legale Prestige Legal & Advisory con gli avvocati Dario De Blasi, Alberto Gava e Francesco Renda – che ha depositato un ricorso al Tar in cui «è stata denunciata l’illegittimità» del decreto ministeriale che ha inserito i composti ad uso orale a base di Cbd nella tabella dei medicinali «senza la previa adozione del parere del Consiglio superiore di Sanità, richiesto dalla vigente normativa». Un passaggio considerato necessario, già nel 2020, dal ministero della Salute, che aveva sospeso l’inserimento in tabella delle composizioni, oggi finite all’attenzione dei giudici amministrativi, in attesa di ulteriori approfondimenti tecnico scientifici. Ancora una verifica considerata opportuna riguarda la possibile variazione degli effetti del cannabiolo in base alla percentuale di utilizzo.

Il ricorso inoltre contesta, in via generale, «la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope; decisione – si spiega – che si pone in contrasto con la giurisprudenza comunitaria, che ha escluso che il Cbd possa costituire uno stupefacente ai sensi del diritto europeo e con le posizioni assunte dall’Organizzazione mondiale della Sanità».

L’obiettivo della domanda cautelare

La domanda cautelare ha fatto dunque centro nell’obiettivo di ottenere un’immediata sospensione del decreto, per arginare i possibili gravi danni al comparto. In contemporanea all’entrata in vigore del provvedimento voluto dall’Esecutivo sono, infatti, scattati gli accertamenti sugli esercizi commerciali e gli operatori. Ispezioni che hanno portato al contestare la violazione dell’articolo 73 del Dpr 304 del ’90 in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope. Con l’inevitabile sequestro della merce.

I diversi orientamenti della Cassazione

Sul punto la Cassazione si era espressa in modo ondivago. Con la sentenza 4920 del 2018, prendendo le distanze da un precedente orientamento la Suprema corte aveva considerato legittima la commercializzazione al dettaglio della cannabis light, proveniente dalle coltivazioni contemplate dalla legge n. 242/2016 con un quantitativo di THC (tetraidrocannabinolo) inferiore alla soglia dello 0,6%. Una conclusione raggiunta partendo dalla norma del 2016 che aveva il fine di incentivare nel sistema produttivo italiano, l’uso della canapa, chiarendo i settori di impiego. A mettere un punto l’anno dopo sono state però le Sezioni unite, chiamate a sciogliere un contrasto non relativo alla coltivazione, data per scontata ad alcune condizioni e per alcuni impieghi, ma la commercializzazione al dettaglio delle sostanze derivanti da tale coltivazione lecita. In quell’occasione si era scelta la via più restrittiva. Il Supremo consesso aveva, infatti, escluso che, il legislatore del 2016 avesse la volontà di aprire alla commercializzazione della marijuana e dell’hashish provenienti dalle coltivazioni lecite, ma volesse solo sostenere l’industria della canapa. Un orientamento poi seguito dalla Cassazione nel decretare la chiusura di molti esercizi commerciali.

Fonte

Tar Lazio sospende decreto del Governo Meloni: sì a prodotti con cannabis, ilsole24ore.com

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