Categorie Antiproibizionismo

Respinto il ricorso al TAR. L’olio di CBD diventa un farmaco stupefacente

Il TAR del Lazio, con la sentenza pubblicata il 16 aprile 2025, ha respinto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria e ha confermato che, in base al Decreto del Ministero della Salute del 27 giugno 2024, le preparazioni orali contenenti CBD sono da considerarsi farmaci stupefacenti, inseriti nella Tabella dei medicinali – sezione B.

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Una preoccupante sentenza antiscientifica

La decisione del Tribunale Amministrativo si fonda in particolare sul potenziale effetto del THC che potrebbe essere presente – seppure in quantità minime – negli oli full spectrum e che potrebbe comportare rischi non trascurabili per l’organismo umano.

Il TAR si è appellato al principio di precauzione, ritenendo che non sia necessario dimostrare la presenza di THC, purché esista un ragionevole sospetto di pericolo per la salute pubblica.

Così si è espresso: “Il provvedimento adottato risulta appropriato, sulla base del principio di precauzione volto a scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica e per la sicurezza senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di Thc in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza“.

Restano escluse dalla nuova classificazione le preparazioni a base di CBD sintetico perché in questi prodotti, il principio attivo è ottenuto in laboratorio e non contiene tracce di THC o altri cannabinoidi naturali.

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Le prime reazioni

Antonella Soldo, membro del Consiglio generale dell’associazione Luca Coscioni e coordinatrice del progetto “Meglio legale” ha dichiarato: «Una sentenza incomprensibile e antiscientifica, che rischia di andare a foraggiare qualche prescrizione privata di medicinali non approvati».

Secondo l’avvocato Giacomo Bulleri, la sentenza del Tar si iscrive in un vuoto normativo ed è “ancora più preoccupante del decreto sicurezza, specie in una prospettiva futura” perché, spiega Bulleri: «Le osservazioni addotte dal ministero della Salute non sono state contrastate scientificamente in modo adeguato. Non sono stati consultati altri enti scientifici indipendenti e nella sentenza non vengono citati altri studi. Semplicemente, il Tar ha ritenuto legittimo il principio di precauzione sottolineato dal Consiglio superiore di sanità (che è l’organo di consulenza tecnico-scientifica del ministro della Salute)».

Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni, ha commentato: «Lascia perplessi leggere che “la valutazione scientifica deve fondarsi su dati affidabili e su un ragionamento logico…”. Se davvero fosse stato svolto un confronto approfondito con le normative europee e le raccomandazioni dell’OMS, non si sarebbe invocato il principio di precauzione come se fossimo ancora all’inizio del Novecento».

Canapa Sativa Italia ha definito il decreto “in palese contrasto con il diritto dell’Unione Europea“, annunciando la possibilità di presentare denunce per violazione delle regole del mercato unico.

Spazio Canapa, che ha promosso una petizione contro l’articolo 18 del DDL Sicurezza e il provvedimento sul CBD, parla di «ulteriore colpo alla filiera della canapa industriale» e ha informato la Commissione Europea della propria iniziativa, chiedendo chiarimenti al Governo italiano.

L’Italia resta sempre indietro

Questa grave forzatura normativa minaccia la sopravvivenza di quello che finora è stato un settore economico estremamente vitale e produttivo, mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di imprese agricole, di trasformazione e commerciali.

Inoltre, la sentenza del TAR è ancora più preoccupante in prospettiva futura perché l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sta valutando l’inserimento del CBD nella lista dei cosiddetti Novel food, ossia quegli alimenti o ingredienti innovativi di nuova concezione, prodotti utilizzando tecnologie o processi di produzione nuovi.

Confinare il CBD per le preparazioni orali a “farmaco stupefacente” significa che l’Italia verrà esclusa anche dal settore dei Novel Food, rimanendo sempre più indietro rispetto agli altri paesi europei.

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E adesso?

Raffaele Desiante, presidente dall’ICI (Imprenditori Canapa Italia) ha dichiarato: «Impugneremo la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, convinti che la giustizia amministrativa debba rispettare i principi di legalità, proporzionalità e certezza del diritto. Non ci fermeremo finché non sarà restituita piena dignità giuridica a un settore che rappresenta lavoro, principalmente giovanile, innovazione e sostenibilità per il nostro Paese».

Secondo il parere degli avvocati Miglio e Simonetti: «La decisione non convince sul “pericolo di induzione di dipendenza fisica o psichica”, presupposto necessario per inserire un composto nella tabella medicinali allegata alla Legge Stupefacenti. Tanto più che gli stessi atti allegati dal Ministero escludevano tale pericolo. Affermare, invece, che esso sussista soltanto perché la cannabis (in tutte le sue parti) è inserita tra gli stupefacenti risulta un giudizio “debole”, basato su una lettura restrittiva della Legge 242/2016 in contrasto con il diritto europeo che non pone, invece, alcuna limitazione alla commercializzazione della pianta di canapa proveniente dalle sementi certificate, sul presupposto che essa (e tutte le sue parti) non costituisce pericolo per la salute collettiva.

Su queste basi si dovrà impugnare la sentenza innanzi al Consiglio di Stato anche per domandarne la sospensione d’urgenza.

L’Olio di CBD di Mister Canapa non è un farmaco stupefacente!

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